Tremila Anni di Attesa: spiegazione del finale e del significato del film di George Miller

Con Tremila Anni di Attesa George Miller ha presentato un racconto intimo e dalle suggestioni fantastiche, capace di esaltare il concetto di narrazione e di approfondire una tematica complicata e fondamentale come la solitudine.

Il finale dell’opera, in qualche modo aperto ed enigmatico, lascia riflettere sull’importanza di aggrapparsi a qualcosa e di affidarsi a qualsiasi tipo di forza interiore, razionale o meno, che permetta di resistere all’isolamento.

Dopo aver condiviso la recensione di Tremila Anni di Attesa, torniamo a occuparci del bellissimo film del regista australiano per proporre, avvisando degli spoiler presenti nell’articolo, la nostra spiegazione del finale e del significato del lungometraggio con Tilda Swinton e Idris Elba.

Tremila Anni di Attesa
Tremila Anni di Attesa spiegazione
spiegazione finale
Storie
George Miller

Spiegazione del finale di Tremila Anni di Attesa

La conclusione della vicenda vede Alithea leggere la storia che ha scritto a proposito del suo incontro con il Genio e che porta alla mente dello spettatore quanto raccontato dalla donna alla creatura riguardo l’amico immaginario che le aveva tenuto a lungo compagnia durante l’infanzia prima di sparire in seguito a una prima presa di coscienza della protagonista.

Se la rivelazione, associata alle allucinazioni di Alithea nella fase iniziale del film, non fa che confermare come verosimilmente il Genio sia soltanto frutto dell’immaginazione del personaggio interpretato dalla Swinton in cerca di un appiglio per affrontare la solitudine, la buona notizia è tratteggiata dalla sua capacità, ereditata dall’amore per le narrazioni, di lasciarsi cullare da quella fantasia fanciullesca riuscendo comunque a relegarla in un angolo preciso e illuminato della propria vita.

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George Miller

L’irrazionale e concreto bisogno di storie che muove l’umanità

Da sempre, in effetti, la necessità di creare, ascoltare, leggere o vedere storie, rappresenta una delle curiose peculiarità che si riferiscono alla razza umana: come ribadito anche nel corso del film, al di là dei bisogni primari che sottintendono alla sopravvivenza, la storia della società umana e del suo bisogno di capire ed esprimersi è stata fondata sulla costruzione e sulla fruizione di narrazioni.

Dipinti, poemi, poesie, racconti, romanzi, film, fotografie e canzoni rispondono a questo bisogno senza tempo che smuove le coscienze e gli animi senza offrire nulla di tangibile se non una pausa dalla fredda e spesso sconosciuta e incomprensibile realtà.

Le storie, in questo senso, muovono  la ragione e l’emotività, permettendo di conoscere e di progredire, di spiegare fenomeni ancora inafferrabili o di immaginare universi paralleli che diventano visioni, metafore e fari con cui guardare al mondo.

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Il malessere del Genio nella società contemporanea

Altro elemento che da un certo momento diventa fondamentale in Tremila Anni di Attesa è l’incapacità dell’essere magico di mantenere la sua vitalità nella Londra caotica e pregna di interferenze dei nostri tempi.

Il Genio sembra infatti perdere i suoi poteri di fronte all’eccesso di stimoli che distraggono e feriscono l’attenzione e la fantasia e come conseguenza di una razionalità tanto imprescindibile quanto alienante per la condizione umana.

Il rischio legato alla morte del personaggio di Idris Elba, o a un suo addormentamento innaturale, si concretizza nel distacco, nella noia e nella solitudine di una vita che perderebbe ogni significato nel caso in cui fosse affrontata meccanicamente, in maniera del tutto logica e come qualcosa che sia fine a se stesso.

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