Quando due individui misteriosi cominciano a tormentare l’esistenza di Neve, la sua apparentemente perfetta vita borghese comincia lentamente a sgretolarsi costringendola a fare i conti con qualcosa di inaspettato.
La premessa che dà origine a The Strays, thriller horror che segna l’esordio alla regia del britannico Nathaniel Martello-White, ci introduce a un dramma complesso da decifrare e dai risvolti estremamente cupi e controversi.
Dopo aver condiviso la nostra recensione di Delicious, thriller tedesco caratterizzato da una forte impronta di critica sociale, andiamo dunque a scoprire un altro film proveniente dal territorio europeo proponendo la nostra analisi di The Strays.

La trama di The Strays
The Strays si apre con l’introduzione di Cheryl, giovane donna che fatica a vivere nelle limitazioni che la vita le impone a causa della propria condizione sociale ed economica e che vediamo allontanarsi da casa lasciando un biglietto a proposito del fatto che si stia recando dal parrucchiere.
Anni dopo ritroviamo la protagonista, che ora si fa chiamare Neve, immersa in un ambito economico completamente diverso, pienamente realizzata nel suo ruolo di insegnante e vicepreside di una scuola privata e di moglie e mamma di due figli.
Qualcosa però inizia a turbare Neve quando un ragazzo e una ragazza iniziano ad apparire con sempre più insistenza davanti ai suoi occhi minacciando di sporcare la superficie patinata con cui ha ricoperto la propria vita.

Uno script crudo e sorprendente nella sua capacità di chiudere il cerchio
Il film scritto e diretto da Martello-White si realizza in una narrazione dal tono paranoico, estremamente crudo e intenzionato a mettere sul piatto i temi della violenza, dell’ambizione e del razzismo da prospettive inedite e certamente singolari.
Tutto è costruito intorno alla figura di una protagonista cinica e controversa di cui non vengono approfonditi pensiero e motivazione e che viene presentata soltanto attraverso le proprie scelte, i propri errori o le proprie debolezze.
Senza scendere troppo nei dettagli per evitare qualsiasi tipo di spoiler, il carattere deciso e le inclinazioni comportamentali del personaggio interpretato da Ashley Madekwe, elementi palesati fin dal primo momento e sempre più evidenti nel prosieguo del lungometraggio, costituiscono uno scenario per cui, almeno dall’esterno risulta incredibilmente difficile riuscire a empatizzare con la donna.
In questo senso, la scelta di rendere Neve artefice assoluta del proprio destino e, tanto nel bene quanto nel male, di qualunque scelta presa nel corso della storia e di porla di fronte agli occhi dello spettatore in tutta la sua ambiguità, dimostra un coraggio e una lucidità nella critica sociale sempre più rara in un’epoca fatta di spiegoni e banalità da ingurgitare senza troppi filtri.
A un’analisi più attenta, infatti, quella che a tutti gli effetti sembrerebbe una personalità da villain, diventa soltanto il tragico riflesso del prodotto della disuguaglianza e della paura elaborati in modo personale ed evidentemente discutibile da chi non si ritrovi nella posizione o nel desiderio di essere un’eroina.
Il colpo di scena finale, perfettamente reso nei tempi e nella messa in scena, chiude il cerchio di un racconto in cui non c’è alcuna traccia di speranza o di redenzione, lasciando un genuino turbamento che dovrebbe costringere a riflettere.

Una grandissima interpretazione della Madekwe supportata da una regia dal piglio moderno
Se la sceneggiatura si può reggere sulla creazione del personaggio di Neve, gran parte del merito è da attribuire alla riuscitissima performance di Ashley Madekwe che entra in un personaggio difficile attribuendogli nevrosi, tic ed espressioni facciali in un’interpretazione che ha del memorabile.
Apprezzabile, nonostante qualche imprecisione e qualche momento meno azzeccato dal punto di visiva visivo e della costruzione delle scene, anche la prima prova alla regia di Martello-White che sceglie un taglio moderno e accattivante che aiuta ad alimentare il senso di disagio che si prova durante la visione.
Sicuramente meno ispirata la fotografia che, al contrario della colonna sonora, sembra volersi prendere pochi rischi, finendo però per risultare un po’ anonima, piatta e poco adatta a un plot così sopra le righe e coraggioso.

The Strays è un film che disorienta e che non ha paura di poter risultare divisivo
L’opera distribuita da Netflix è un thriller che, sebbene non sempre perfetto dal punto di vista del ritmo, possiede il grande pregio di parlare una lingua tutta sua per quanto riguardi il modo in cui decide di veicolare il messaggio.
Quello che sferra intenzionalmente allo stomaco del pubblico è un pugno che non può lasciare indifferenti e con cui Martello-White prende un rischio considerevole giocando a provocare invertendo i ruoli e quasi cercando una reazione di sdegno.
In sostanza, The Strays è un film che supera qualche mancanza tecnica e la poca esperienza cinematografica dell’autore grazie a un grande lavoro fatto dalla Madekwe, alla risolutezza di una narrazione che non sente la necessità di compromessi o spiegazioni e a un finale diretto e sconvolgente.
Voto: 7.5/10