Weapons: analisi dei temi discussi nel film horror di Zach Cregger

Weapons è un horror dal sapore fortemente atipico sia dal punto di vista stilistico che per quanto riguardi il modo in cui il racconto viene presentato e si occupi di affrontare i tanti temi accennati nel corso della narrazione del prodotto Warner Bros. Pictures.

Al di là della risoluzione della vicenda, infatti, il film di Zach Cregger mette in risalto alcune questioni che, vista la loro concretezza, finiscono per delineare un senso di orrore molto più concreto che prescinda dalla storia dei 17 bambini scomparsi o che al massimo vengono soltanto innescati da questa terribile premessa.

Dopo aver condiviso la nostra recensione di Weapons e avvisando degli spoiler presenti in questo articolo, torniamo a occuparci di uno degli horror più riusciti del 2025 per parlare dei temi analizzati e tratteggiati nell’opera scritta e diretta dall’autore di Barbarian.

Weapons
Analisi temi
Zach Cregger
Horror
Paura
Terrore

Analisi dei temi presentati in Weapons

Weapons si propone, neanche troppo velatamente, di scandagliare le paure e le storture della nostra società (in particolare, ovviamente, di quella statunitense) utilizzando come grimaldello l’espediente della vicenda che sconvolge la piccola cittadina di Maybrook.

Nel corso della storia sono infatti tantissimi i riferimenti, più o meno approfonditi, a dinamiche da brivido che a un’analisi più attenta finiscono per diventare ancora più inquietanti della minaccia che incombe sulla piccola comunità ritratta nel lungometraggio.

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Abuso di alcool e sostanze

Una delle tematiche più presenti e visibili per tutta la durata del lungometraggio è quella che si riferisce al pericolo e ai disagi costituiti dall’abuso di alcool e di sostanze stupefacenti: se Justine, probabilmente anche a causa di quanto le stia capitando, sembra completamente dipendente dalla bottiglia da finire in uno stato mentale che contribuisce a continuare a farle commettere errori, c’è da segnalare come più avanti nel racconto venga introdotto il personaggio di James, tossicodipendente che a causa dei suoi problemi con la droga si ritrova con tutti i ponti tagliati e costretto a vivere di espedienti e piccoli crimini e a vivere accampato tra la boscaglia che circonda la città.

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Emergenza abitativa e violenza della polizia

La storia di James introduce a due altri grandi drammi degli USA: il primo è quello dell’emergenza abitativa che sta colpendo moltissime città (e che diventa parte centrale della trama di La Notte Arriva Sempre) e che ci viene raccontata attraverso la situazione del ragazzo costretto, come sempre più persone del Paese della Libertà, a vivere in una tenda lontano da qualsiasi aiuto da parte delle istituzioni e della società.

In secondo luogo l’arco narrativo del personaggio interpretato da Austin Abrams mette in luce il terrore della violenza della polizia, problema che ha scosso il mondo soltanto pochi anni fa ma che, nonostante l’intensa discussione, rimane in gran parte insoluto continuando a mietere vittime e drammi sociali.

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Le telecamere: l’illusione della sicurezza

L’aggressione dell’agente Paul Morgan ai danni di James mette in evidenza quella che invece è un’illusione che continua a ingannarci, come singoli individui, sfruttando il nostro bisogno di sentirci sicuri: la dashcam dell’auto della polizia, garanzia del corretto operato da parte delle forze dell’ordine, viene infatti disabilitata con incredibile facilità e con terribile naturalezza dall’uomo nel momento in cui decida di trasgredire le regole e superare il confine, dimostrando (forse in maniera ingenua e un po’ romanzata) come lo strumento possa essere soltanto un modo per rafforzare il controllo (in questo caso sulla percezione delle masse) delle istituzioni.

Allo stesso modo, le telecamere antifurto installate nelle case degli abitanti di Maybrook, atte a proteggere le famiglie e i propri averi, risultano del tutto inutili ai fini pratici, lasciando indifesi i cittadini di fronte ai fatti più o meno gravi che riprendono con le loro lenti.

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Il conflitto sociale, la paura della morte e la lotta generazionale

Come già anticipato nella recensione di Weapons, una parte fondamentale della costruzione della trama è rappresentato dalla diffidenza, che si fa sempre più affilata fino a sfociare nel conflitto, tra i vari abitanti del posto, in un’escalation che ricorda tantissimo quelle raccontate nei suoi romanzi da Stephen King.

Uno scontro ancora più crudo e sottile e che si sviluppa in diverse direzioni è quello che vede protagoniste le generazioni in lotta tra di loro: se la zia Glady ruba l’essenza dei genitori di Alex e quindi dei bambini della scuola per potersi mantenere in vita e il bambino è costretto a lungo a occuparsi dei suoi genitori incapaci di provvedere a loro stessi, dal momento in cui Alex capisce il meccanismo dell’incantesimo della megera la situazione si capovolge facendosi ancora più cruda nel portare in scena la voracità dei bambini nei confronti degli adulti e dei genitori, come per una presa di coscienza della propria forza e della necessità di ribellarsi.

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Il parassita che tutto manovra e l’imprevedibilità del terrore

Infine va considerato il ruolo della trasformazione delle vittime di zia Glady in zombie che, come armi, siano totalmente sotto il controllo della donna che diventa una sorta di burattinaia capace di manovrare le coscienze.

L’idea di parassita riferito a chi possa esercitare questo tipo di potere viene suggerita dalla citazione del fungo Cordyceps (già esplorato e utilizzato in The Last of Us) che infetta le formiche e i piccoli insetti.

Tanto questa suggestione, quanto l’impossibilità da parte delle autorità e dei civili di capire cosa stia accedendo nella città, rimanda anche al concetto di imprevedibilità della vita e dell’universo e all’idea che qualcosa di terribile e sconosciuto possa in qualche modo diventare una minaccia inintelligibile e letale.

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